domenica 12 ottobre 2008

Asso nella manica

Asso nella manica di Billy Wilder. USA, 1951. Interpreti: Kirk Douglas, Jan Sterling, Robert Arthur



Enzo 28 agosto 2008 su Circolo Obama
Nel lontano giugno del 1981 ero in vacanza in Calabria ed ebbi modo di seguire alla radio la tragedia di Vermicino.

I più giovani forse non conoscono quell’evento che fu per giorni all’attenzione dell’intero paese. Si trattò della tragedia del piccolo Alfredino che cadde in un pozzo rimamendo incastrato alla profondità di trenta metri. Iniziò la corsa per salvare Alfredino. Trivelle, tentativi di raggiungere il povero bimbo, la TV che in diretta manda in onda le immagine delle squadre di soccorso, interviste a famigliari conoscenti, arriva anche il Presidente della Repubblica: tutto questo e altro ancora fino alla morte di Alfredino.

Anche senza tv capii subito che stava accadendo qualcosa di assolutamente nuovo. Passavano le ore e cresceva la consapevolezza che si stava montando un circo mediatico. Prima i numerosi collegamenti, poi la diretta. La tv in particolare usciva dalla fase pionieristica per farsi “media” capace di “rappresentare la realtà e di fare notizia” per il solo fatto di essere sul posto e di entrare nelle case dell’intero paese. Si può dire che fu inaugurata la TV del “dolore”. Mi fu naturale ripensare ad un vecchio film che avevo visto da ragazzo e che mi aveva colpito. Parlo dell’”Asso nella Manica” di Billy Wilder (1951). Il film era una rappresentazione –anticipata- di una patologia dell’informazione, che ora stavo toccando con mano vivendo in “diretta” la tragedia di Alfredino.




La storia del film è molto semplice e molto simile a quella di Vernicino: un giornalista privo di scrupoli perde il posto ed è costretto a trasferirsi in provincia. Durante il viaggio apprende che un uomo è rimasto intrappolato da una frana in una vecchia miniera. Il suo fiuto da giornalista gli dice di andare a vedere. Trova l’uomo in buone condizioni che può essere salvato facilmente, ma il giornalista organizza i soccorsi in modo di allungare i tempi per poter creare la notizia. Ecco che una semplice notizia di cronaca che si sarebbe esaurita in un piccolo trafiletto sui giornali locali diventa la “notizia” che il giornalista monta senza alcun scrupolo: l’evento mediatico si trasforma in un vero e proprio circo. Wilder è spietato nel descrivere l’ambiente giornalistico che recupera immediatamente il giornalista in disgrazia. Alla fine però l’uomo, causa il ritardo orchestrato dal giornalista, morirà e il circo sarà rapidamente smontato pronto per essere rimontato attorno ad un altro evento.
La storia di Alfredino non fu molto diversa, ma quello che interessa è che fu proprio allora che iniziò quel giornalismo cinico e privo di scrupoli, che non arretra di fronte al dolore, al rispetto della dignità delle persone. L’Italia dell’ottantuno era ancora dentro agli anni di piombo, l’ascesa di Craxi porta nel paese l’idea del superamento delle ideologie. Si apre la strada al ritorno al privato. L’effimero diventa un valore che investe anche la politica. E l’informazione sembra cogliere al volo la possibilità di occuparsi di una cronaca che non siano gli omicidi, le stragi, le deviazioni di pezzi di apparati dello stato. Dunque compare anche in Italia Charles "Chuck" Tatum (Kirk Douglas) e il circo è montato. Certo l’informazione americana è cosa ben diversa da quella italiana, ma anche negli USA dovrà passare oltre un decennio prima di arrivare al Watergate, cioè ad un giornalismo capace di “controllare”, di fare il proprio dovere. Tuttavia che il cinema USA, negli cinquanta pur in una situazione contradditoria, riesca a fare film come questo, ci dice che il clima generale era favorevole, appunto, alla crescita di un giornalismo che si interroga sulle questioni morali che riguardano chi è chiamato a questo delicato mestiere. L’indipendenza, la verità delle notizie, la certezza delle fonti, le verifiche necessarie prima della pubblicazione, la coerenza rispetto ai valori deontologici: sono questioni che pongono domande molto serie che, probabilmente, non hanno una risposta valida per sempre.

E nel bel paese? Il giornalismo (della carta stampata e della TV) degli ottanta è ingessata com’è ingessato il sistema politico. A parte alcuni casi meritori di giornalismo di inchiesta e denuncia, la stampa italiana non si accorge di nulla. Nulla di ciò che sta vivendo il paese. Troppo impegnata in equilibrismi per non scontentare i potenti a cui è legata a doppio filo. L’Italia degli anni ottanta è quella della spesa pubblica e dell’accumulo del più grande debito pubblico del mondo, di una corruzione diffusa che non ha paragoni e il giornalismo non si accorge di nulla, non vede il paese reale, perché è impegnato a guardare altrove, sempre più proiettato verso questo modello di informazione: quella appunto di Vernicino. Solo negli anni novanta il giornalismo fu costretto ad occuparsi di tangentopoli: non potendo farne a meno si buttarono come belve per sbranare tutto e tutti. Non interessava la “notizia”, i “fatti”, interessava di sbattere i mostri in prima pagina. Come non contava nulla la sorte del povero Alfredino. Contava, invece, scavare per dare notizie che tali non sono: allora ecco gli esperti che dicono solo ovvietà, i preti, perché un prete ci deve sempre essere, il dolore dei famigliari perché si vuole soddisfare il gusto dell’orrido, la retorica usata a piene mani. Insomma Vernicino fu l’inizio di quella TV (spazzatura) che dilagò successivamente nelle case degli italiani.

Charles "Chuck" Tatum (Kirk Douglas) diventa dunque italiano. Leo Minosa nella miniera del Nuovo Messico e il povero Alfredino dentro al pozzo di Vernicino sono le vittime inconsapevoli di una informazione che non guarda alla notizia, ma al modo di creare “interesse” attorno ad una notizia che non è tale.

Per concludere un grande Billy Wilder che si misura con temi “impegnati” che poi abbandonerà. Proprio un grande regista!

1 commento:

Anastácio Soberbo ha detto...

Ciao, io amo il blog.
Dispiace non scrivere più,
Ho appena scrivere l'italiano.
Un abbraccio da Portogallo